Martinuzzi Napoleone

Trattativa privata + 39 3474670115

"Cavaliere con personaggio"
disegno a china su carta
dimensioni  h. cm.29 x 20

BIOGRAFIA

Nato a Murano (Venezia) il 31 maggio 1892, da Giovanni e da Amalia Fuga. Discendente da un’antica famiglia di vetrai, coltivò l’interesse per le arti plastiche attraverso la frequentazione di laboratori di ceramisti, scultori e orafi veneziani ( ricordiamo Zatti), fino ad approdare alla scuola libera del nudo e alle lezioni accademiche di A. Dal Zotto tra il 1906 e il 1909, anni del suo esordio alle esposizioni di Ca’ Pesaro (1908: L’arte del vetro…, p. 343). In questa sede il M. aderì al movimento di innovazione della scultura in senso secessionista che ruotava intorno all’opera di A. Martini, senza però assumerne lo «stile rude e a tratti grottesco» (Lorenzoni).

Dal 1910 al 1911 a Roma lavorò presso lo scultore A. Zanelli; nella capitale espose per la prima volta alla II Secessione romana del 1914, presentando La neve, scultura in marmo bianco di ispirazione simbolista (ubicazione ignota: L’arte del vetro…, p. 343). Allo stesso anno appartiene la scultura in gesso policromo Etera, nota da foto d’archivio (Panzetta, fig. 1158); mentre taluni biografi segnalano anche Risveglio per la mostra della Secessione romana del 1915 e la partecipazione all’Esposizione nazionale di Milano del 1916 (Zatti; Panzetta, p. 572). Gli archivi della Biennale di Venezia annoverano nell’anno 1920 altri due gessi del M., il ritratto di Angelo Cardone e quello di Bortolo Sacchi (ubicazione ignota). A partire dall’inizio degli anni Venti l’attività scultorea del M. si intersecò con la pratica dell’arte vetraria, competenza che gli procurò in un primo tempo l’incarico per la direzione del Museo del vetro di Murano (1922-31) e in seguito la collaborazione con importanti ditte. Nel 1925 diventò socio di Paolo Venini nella «Vetri soffiati muranesi Venini & C.» in qualità di direttore artistico, incarico che mantenne fino al 1932, partecipando alle Biennali veneziane (1926, 1928, 1930), nonché all’esposizione monzese del 1927 (vasi e bottiglie in vetro soffiato con fili spiraliformi di lattimo, Anatra e Pellicano in vetro trasparente: Barovier Mentasti, 1982, pp. 253 s.), contribuendo con le sue creazioni all’affermazione di un gusto in bilico tra art déco e «stile Novecento» (R. Bossaglia, in La Metafisica…, II, p. 147). A questa duplice produzione guardò anche G. D’Annunzio, che a partire dal 1921 affidò al M., probabilmente già incontrato a Venezia nel 1917, la realizzazione di opere scultoree per i giardini (progetto per un monumento funebre, Vittoria alata in pietra nell’Arengo, opera rubata; Canefora in bronzo nel frutteto) e le stanze del Vittoriale degli Italiani (Testa di Michelangelo e calco del Torso del Belvedere nel portico del Parente: Mazza, p. 206).


D’Annunzio commissionò al M. anche numerosi oggetti in vetro (grande anfora in vetro azzurro trasparente: Barovier Mentasti, 1982, p. 260; agli anni tra il 1928 e il 1930 risalgono il Cactus in vetro rosso, l’alzata, la Melanzana, un vaso, tutti in vetro soffiato, l’Elefante in vetro blu a foglia d’oro: Glassway…, pp. 58-60) e intrattenne con il vetraio e il pittore Guido Cadorin scambi epistolari, in cui mostrava di tenere nella più alta considerazione la maestria tecnica dei due veneziani, indicati nelle lettere del 1924 e 1926 con i nomignoli misticheggianti di fra Guidotto e fra Napè (rispettivamente, Cadorin e il M.: Mazza, pp. 193 s.). Dal canto loro, Cadorin e il M., nel 1929, manifestarono al poeta la loro ammirazione per la sua opera di mecenate e collezionista: «vediamo rivivere lo spirito e la forma regale degli artefici della Gloria della Serenissima. In Lei sempre più si realizza la continuazione naturale di questo spirito e pensiamo che se la Repubblica non fosse morta e si fosse continuato in Palazzo Ducale a decorare e trasformare delle sale per il gusto moderno, si sarebbe certamente fatto così; con quello stile così antico e moderno nello stesso tempo» (ibid., p. 206). Al 1928 risale l’invenzione del «vetro pulegoso», ovvero con una densa presenza di bolle prodotte da agenti chimici durante la fusione, tale da renderlo quasi opaco. Con questo materiale di tonalità verde scuro il M. realizzò un’anfora esposta alla Biennale del 1928, un grande vaso e una coppa per il Vittoriale entro il 1930 (stanza della Zambracca e bagno: Barovier Mentasti, 1982, pp. 270 s.).
Il 28 ott. 1931 sposò a Venezia Elda Capitanio.
Negli anni Trenta continuarono gli impegni espositivi del M., a partire dalla fondamentale esperienza della Quadriennale di Roma del 1931, di cui fu membro del comitato organizzatore e della giuria degli artisti.
Le sue opere in vetro si posero in stretta relazione con gli ambienti allestiti dagli architetti in palazzo delle Esposizioni: quattro piante grasse alte più di 2 m nelle nicchie angolari della rotonda di Pietro Aschieri e una fontana in vetro al centro del giardino d’inverno di Enrico Del Debbio suscitarono i commenti positivi di Roberto Papini e Cipriano Efisio Oppo, che fece acquistare al Governatorato di Roma due delle piante del M. al costo di 1800 lire (opere disperse: Carli, pp. 53 s.). Il M. espose alla Quadriennale di Roma nel 1935, 1939 e 1948 ed eseguì la scultura L’eroismo per il palazzo dell’E42 (Panzetta, p. 572). La realizzazione di opere in stretto rapporto con l’architettura era già avvenuta per i sei candelabri in vetro verde collocati nelle nicchie dell’atrio della Casa madre dei mutilati di Roma, opera di M. Piacentini inaugurata nel novembre 1928 (I. De Guttry - M.P. Maino, in L’arte del vetro…, p. 209), e venne prolungata nella collaborazione tra il M. e l’architetto Angiolo Mazzoni negli edifici postali di Palermo (1928-34, due Vittorie alate sulla facciata), di Gorizia (1929-33: Angiolo Mazzoni…, p. 104) e nella fase di elaborazione della stazione di Venezia - S. Lucia tra il 1930 e il 1935 (ibid., pp. 179 s.). In territorio veneto il M. produsse sculture destinate a chiese o luoghi pubblici: il Monumento ai caduti a Murano nel 1928, le sculture per il ponte dei Giardini a Venezia, realizzato da Duilio Torres nel 1936, un busto in terracotta raffigurante Tintoretto nel 1937 (Venezia, chiesa di S. Maria dell’Orto), un gruppo bronzeo per il battistero del duomo di Mestre nel 1960.
Il M. tornò a esporre alle Biennali di Venezia del 1932 e 1934 e alla V Triennale di Milano del 1933 con oggetti creati per la nuova società fondata con Francesco Zecchin, la «Zecchin Martinuzzi Vetri artistici e mosaici» (L’arte del vetro…, p. 343). Alla Biennale fu nuovamente presente nel 1936 con un marmo, nel 1940 con una scultura dal titolo La Pittura e nel 1942, quando fu allestita una sua sala personale con 15 sculture. Nel 1947 riprese il lavoro in vetreria, interrotto a partire dal 1936, e passò a collaborare per cinque anni con la ditta «Arte vetro» di Alberto Seguso, esponendo ininterrottamente dal 1948 al 1952 e in ultimo nel 1954, presentando tre gessi. Del 1952 è la Testa di donna in vetro corroso, in collezione privata (Barovier Mentasti, 1982, p. 293), esposta anche nella mostra retrospettiva sui vetri di Murano negli anni 1895-1972 alla XLVI Biennale del 1995. Dal 1953 collaborò con Gino Cenedese, fino al 1958, creando lampadari e piastrelle vitree; poi negli anni Sessanta progettò ancora per la ditta Pauly opere eseguite da A. Barbini (Borga, p. 24).
Il M. morì a Venezia il 15 maggio 1977.
Tra il déco e il  razionale esposizinione nella  XIV Quadriennale di Roma. Retrospettive 1931/1948 (catal., Roma), Milano 2005, pp. 53-55; L. Lorenzoni, I giovani di Ca’ Pesaro, 1908-1924…, in Venezia ’900. Da Boccioni a Vedova (catal., Treviso), a cura di N. Stringa, Venezia 2006, p. 44; A. Panzetta, Nuovo Diz. degli scultori italiani dell’Ottocento e primo Novecento…, II, Torino 2003, pp. 572 s., figg. 1157 s. S. Silvestri

tratto da Da Wikipedia